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Eventi. mostra a Genova dedicata a De André
Il calcio, la tv. L’altro Fabrizio sapeva godersi le giornate di «bonaccia»
di Ivano Fossati
NOTIZIE CORRELATE
La mostra, a Genova
Fabrizio De André
Questo articolo di Ivano Fossati è apparso sulla copertina dello speciale Eventi del Corriere della Sera dedicato alla mostra su Fabrizio De André per il decennale della scomparsa che si apre il 31 dicembre al Palazzo Ducale di Genova.

Non vado pazzo per le celebrazioni, le beatificazioni, le rievocazioni. Normalmente ne sto lontano, perché considero sacrosanto solo il ricordo strettamente personale dei fatti e delle persone. Quello, per intenderci, che si conserva da soli, in silenzio. Ma certo si può ammettere qualche legittima deroga a tutto questo. Fabrizio De André è stato ricordato e celebrato, forse ogni singolo giorno dal momento della sua scomparsa, come non era accaduto prima a nessun grande artista italiano. Questo testimonia il vuoto tangibilmente grande che ha lasciato nel cuore e ancor più nel bisogno di conforto dei molti che lo hanno amato. Piccole e grandi celebrazioni avvenute un poco dovunque in giro per l’Italia. Tributi sempre più o meno accorati e a distanza di dieci anni non ancora liberati del tutto dall’ombra accompagnatrice del rimpianto. Perfino la sorpresa, per la perdita di quell’uomo così discreto ma così presente nella storia dei sentimenti di questo Paese, si è fatta sentire fino all’ultimo, cioè fino a oggi. Così le celebrazioni sono state spesso vagamente lacrimose.

La memoria di Fabrizio ha diritto oggi a qualcosa di diverso, ne sono più che convinto. Merita più delle agiografie, delle biografie, delle scontate raccolte di canzoni rimasterizzate e reimpacchettate. Merita soprattutto di sfuggire all’aneddotica prêt à porter cui vengono fatalmente adattate le figure dei grandi artisti quando non sono più in grado di confutare o di precisare. Quando gli amici, i compagni di strada, quelli che sanno, che hanno visto, quelli che c’erano, si moltiplicano a dismisura.

«Fabrizio oggi è di tutti» dice Dori Ghezzi con tollerante senso della realtà. Purtroppo nessuna seriosissima esegesi, nessuno scandagliamento della sua opera ci restituisce la complessità, o se si preferisce, la completezza del carattere di De André. Così, personalmente, ho più cara nei miei ricordi la parte di lui che lo faceva «parlare basso», da buon genovese a un altro genovese. Niente lessico da libro stampato, nessun massimo sistema, ma frequenti risultati di partite di calcio. Il Genoa. E magari qualche gioioso apprezzamento per rotondità muliebri fuggevolmente offerte da programmi tv di taglio basso. Garbato e sornione s’intende, in salsa fredda, alla ligure. Un mondiale di calcio, il festival di Sanremo, le televendite. Qualche lieve ubriacatura. Un po’ di birre a Sestri Levante per festeggiare il testo di «A Cimma», che ci era sembrato irraggiungibile. E improvvisamente le ginocchia di tutti e due che non reggono più per tornare a casa. Perché non erano più gli anni settanta. Era questo un De André «semplificato» che la gente avrebbe amato e compreso ancora di più, se è mai possibile. Le leggerezze dette a piena bocca umanizzano. Sono un dono che il cielo fa agli uomini di grande intelligenza, i quali se vogliono ne usano, come per cercare riposo. Alcuni che idealizzano e rendono monumentali uomini e artisti, secondo un’immagine che non ammette imperfezioni, non capirebbero.

Fabrizio era vitale e come ogni persona del suo tipo era capace di scarti improvvisi, di spiazzamenti all’interno del suo stesso essere. Figurarsi all’esterno, cioè stargli vicino. Giornate intere di bonaccia, calma quasi piatta, e poi improvvise scosse elettriche con rincorse verso l’alto o verso il basso. In alto lo spirito filosofico e in basso il fondo dei garbugli umani. Secondo l’umore, secondo la giornata. Troppo terribilmente intelligente per definirlo un buono. Ma quest’ultimo era il Fabrizio che preferivo. Invece il grande artista, quello come tutti se lo sarebbero aspettato, lo conoscevo bene. Ero stato un suo ammiratore molto prima che un suo amico. A poco più di vent’anni avevo letteralmente consumato sul piatto del giradischi «Non al denaro, non all’amore, né al cielo» e «Storia di un impiegato».

Tenevo in considerazione quei due album al pari di quelli di Jimi Hendrix o degli Stones. Nessuna differenza. Come se la musica di Fabrizio fosse arrivata anch’essa dall’America, da Plutone o da un pianeta ancora più lontano, sul quale fosse lecito scrivere canzoni in italiano. L’eroe che aveva tradotto in musica «Spoon River», allontanandola dalla noia delle antologie scolastiche lo conoscevo già. Ora a distanza di anni, durante la scrittura di «Anime salve» mi piaceva di più passare quei lunghi pomeriggi piemontesi con un Fabrizio quieto e sorridente, accovacciato a terra davanti a un apparecchio radio degli anni sessanta, in attesa dei risultati delle partite di calcio, la domenica pomeriggio.

«Il Genoa, il Genoa, cos’ha fatto il Genoa»? Ma la sua squadra del cuore non brillava granché in quel periodo. Forse questo decennale e la grande mostra che si inaugura a Genova non faranno di Fabrizio De André un immobile monumento. Forse a Genova la marea di gente che gli vuole bene potrà servirsi da sé a piene mani e ubriacarsi di dati, ricordi e racconti digitali. In mezzo a tutte quelle immagini io dico che dovrà essere come un prolungato abbraccio festoso. Senza più ombra di rimpianto. Anche per via di quella gioia che infonde, soprattutto nei ragazzi, il poter rovistare navigando nella tecnologia. E la tecnologia risponde nell’unico modo che sa: raccontando perfettamente il passato, ma con la voce del futuro.

di IVANO FOSSATI

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Finite le speranze, finito il tempo, finito tutto! Tra 15 giorni circa dovrebbe essere finito tutto!

Fonte: www. corriere.it


MILANO - «Il decreto non ha bisogno di alcuna ulteriore certificazione di esecutività perchè la legge dice che tutte le volte che un provvedimento giudiziario non è più soggetto a impugnazione diventa definitivamente esecutivo». Lo ha detto il giudice della prima sezione civile della corte d'appello di Milano, Filippo Lamanna, estensore del decreto con cui, lo scorso luglio, Beppino Englaro era stato autorizzato a interrompere l'alimentazione e l'idratazione artificiali che da quasi 17 anni tengono in vita la figlia Eluana, in stato vegetativo permanente.

IMPUGNAZIONE IMPOSSIBILE - Il giudice ha spiegato che, nel caso specifico, il decreto del 9 luglio era già esecutivo e che, dopo il provvedimento dello scorso 11 novembre della Cassazione, che ha dichiarato inammissibile l'impugnazione della Procura Generale, è diventato definitivamente esecutivo. Comunque i legali di Englaro, ha precisato il magistrato, eventualmente possono chiedere alla cancelleria della Corte d'appello una attestazione che il provvedimento non è più soggetto a impugnazione e, di conseguenza, è esecutivo.

L'INTERVENTO DI SACCONI - La precisazione del magistrato è una risposta indiretta al ministro della Salute, Maurizio Sacconi, che aveva diramato un atto di indirizzo per impedire di fatto alle strutture sanitarie private di praticare l'interruzione della idratazione e della nutrizione ai pazienti che si trovano in stato vegetativo. Un'azione, quella del ministro, che ha raccolto il plauso degli ambienti cattolici e delle forze politiche del centrodestra, ma che ha ricevuto critiche dal mondo laico e dai gruppi che si battono per i diritti civili. Lo stesso ministro è tornato ad intervenire dopo la diffusione delle parole di Lamanna da parte dei media, facendo presente che «certi comportamenti difformi da quei principi determinerebbero inadempienze con conseguenze immaginabili». Sacconi lo ha detto replicando da Bruxelles ai giornalisti gli chiedevano se la Casa di cura «Città Udine» - dove Eluana deve essere trasferita - rischia di perdere la convenzione con il servizio sanitario nazionale se esegue la sentenza della Cassazione per lo stop all'alimentazione forzata.

LA CURATRICE - Era stata la curatrice speciale di Eluana, l'avvocato lecchese Franca Alessio, a ipotizzare uno scavalcamento dell'atto di indirizzo del ministero mediante una formula esecutiva del decreto emanato dalla Corte d'Appello di Milano». E lo aveva fatto dopo le parole di Claudio Riccobon, l'amministratore delegato della clinica «Città di Udine» presso la quale era stato già disposto il trasferimento della ragazza. : «Ci dobbiamo tutelare - ha detto Riccobon - perchè ora il problema è eminentemente giuricio, legislativo e politico. Ma noi siamo pronti. Una equipe di medici esterni, composta da 20-25 professionisti, è già organizzata per accogliere Eluana e per assisterla, in modo gratuito e volontario, nel distacco dell'alimentazione artificiale. Siamo una strutura privata, convenzionata con il Servizio sanitario regionale e nazionale e quindi dobbiamo essere molto sicuri di non incorrere in errori o, peggio, in violazioni di legge. Anzi noi vogliamo agire nel pieno e totale rispetto delle sentenze, delle leggi e dei regolamenti».

IL DISTACCO - Una volta espletate le formalità legali, il «percorso» del distacco dell'alimentazione artificiale alla quale Eluana è sottoposta da 17 anni sarà abbastanza lungo. I sanitari parlano di circa 15 giorni. Poi la donna sarà sepolta a Paluzza (Udine), in Carnia, terra d'origine della famiglia, cui la giovane era molto legata. E forse la donna potrà finalmente trovare un pò di pace lontano dal chiasso del dibattito politico-legale di questi mesi.

In questi tempi di eutanasia, questa sembra una bella lezione di fede nella vita

Fonte: www.portaledibioetica.it

ASPETTA 2 GEMELLE SIAMESI
«MA NON VOGLIO ABORTIRE»



Laura Williams, britannica, ha appena 18 anni e sta per diventare mamma. Sarà la più giovane madre, nel Regno Unito, di due gemelle siamesi che dovrebbero nascere questa settimana con parto cesareo. Una nascita non priva di rischi. Solo una coppia su 4 di queste gemelle speciali, che condividono parti del loro corpo e organi, sopravvive nelle prime 24 ore. Eppure Laura non si arrende e vuole essere ottimista: ha deciso di non abortire, nonostante il consiglio dei medici, e ha scelto i nomi delle piccole: Faith e Hope (i beneaugurali Fede e Speranza). La donna e il marito, Aled, stanno per volare a Londra, dove avverrà il cesareo. Le nasciture sono unite dallo sterno all'ombelico, ma ognuna ha il suo piccolo cuore che batte separatamente. Laura, arrivata alla 35esima settimana, racconta sul 'Mail on Sunday' che i medici le avevano prospettato la possibilità di considerare un'interruzione volontaria di gravidanza, dopo aver visto le condizioni delle bimbe con un'ecografia alla dodicesima settimana. La chance di sopravvivenza di gemelli siamesi sono piuttosto basse e spesso i camici bianchi sono costretti a sacrificarne uno per salvare almeno chi ha più probabilità di superare il parto e i giorni successivi. «A volte penso al peggio - confessa la giovane futura mamma - così sono preparata a qualunque cosa possa accade. Ma se andrà tutto bene, sarò davvero felice. Se sono venute al mondo e hanno fatto tutta questa strada, dobbiamo sperare che facciano anche il resto», afferma riferendosi alle piccole.
La donna racconta che al momento della diagnosi, al Royal Hospital di Shrewsbury, la cittadina in cui vive, il medico ha consigliato a lei e al marito di tornare a casa e valutare la possibilità di un aborto, mentre un'infermiera ha restituito loro le 10 sterline per l'ecografia. «Sul momento ci siamo chiesti perchè - prosegue - ma poi abbiamo capito che per lo staff dei sanitari era meglio per noi non avere nessuna immagine che potesse ricordarci le piccole». Poi si sono rivolti a un altro medico, che ha dato più speranze sul futuro delle gemelline. Anche se tutto andrà bene e la famiglia riuscirà a lasciare l'ospedale con entrambe le bimbe, le difficoltà non mancheranno. «Abbiamo paura - confessa il futuro papà Aled, 28 anni - che la gente le chiami 'mostrì. Ma siamo una famiglia di combattenti e abbiamo deciso di andare avanti». La coppia ha già un'altra bimba, di appena 18 mesi.



25/11/2008



http://www.leggonline.it/articolo.php?id=12456#IDX

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Non ho parole ..... e ormai non servono più

Fonte: www.corriere.it

La Cassazione ha respinto il ricorso della procura di Milano e quindi l'alimentazione e l'idratazione può essere legalmente sospesa a Eluana Englaro. La Suprema Corte ha accolto la richiesta del procuratore generale che chiedeva l'inammissibilità del ricorso della procura del capoluogo lombardo contro la Corte d'appello di Milano, la quale aveva concesso lo stop all'alimentazione della donna (oggi 37enne) in coma irreversibile da quasi 17 anni.

IL PADRE - «È la conferma che viviamo in uno stato di diritto», ha commentato il padre di Eluana appena conosciuta la decisione delle Corte di Cassazione.

STOP ALIMENTAZIONE A GIORNI FORSE A UDINE - Potrebbero cominciare entro pochi giorni in una delle strutture già individuate, una delle quali a Udine, le procedure per staccare l'alimentazione a Eluana Englaro. Lo ha detto il professor Carlo Alberto Defanti, il neurologo che ha in cura da anni la donna. «Di sicuro non sarà in Lombardia», ha precisato il medico riferendosi alla presa di posizione della Regione, che aveva reso noto che non avrebbe messo a disposizione strutture né personale. «Tutto avverrà come minuziosamente aveva stabilito la Corte d'appello di Milano».

Tredicenne dice no all'accanimento terapeutico ne ho abbastanza di ospedali e voglio tornare a casa». i genitori: «siamo con lei»
Tredicenne inglese rifiuta il trapianto
I giudici: «Ha diritto di morire»
Hannah, malata terminale di cuore, ha ottenuto l'autorizzazione a non sottoporsi ad intervento chirurgico


MILANO - Il trapianto di cuore che l'ospedale voleva imporle, con un buon esito le avrebbe probabilmente salvato la vita, costringendola tuttavia a curarsi per tutta la vita. Invece Hannah, una ragazza inglese di 13 anni, preferisce «morire con dignità, a casa con i suoi genitori», come riporta la Bbc. «Mi hanno spiegato tutto, ma io non voglio affrontare altre operazioni - ha detto la ragazzina al Daily Mirror. - Ne ho abbastanza di ospedali e voglio tornare a casa». Ora la ragazzina ha vinto la sua battaglia per il diritto a morire e a respingere le cure. L'Alta Corte infatti ha respinto, con una decisione destinata senz'altro a far discutere, la richiesta dell'Herefordshire Primary Care Trust, dopo che l'ufficiale per la protezione dell'infanzia aveva accertato «l'irremovibilità della ragazza nel non subire l'intervento chirurgico».

I GENITORI: «SIAMO CON LEI» - Hannah Jones, 13 anni e un buco nel cuore, non vuole il trapianto perché «potrebbe non andare bene, e in tal caso sarebbe costretta a seguire costantemente cure e medicinali», scrive la Bbc. La sua volontà, espressa chiaramente, è quella di «interrompere le cure e trascorrere ciò che le rimane da vivere nella sua casa». Con lei in questa scelta anche i genitori. «Non ha preso questa decisione a cuor leggero - ha raccontato suo padre Andrew, 43 anni -: Hannah ha scelto di voler vivere e morire con dignità a casa, con i suoi genitori. È oltraggioso che il personale dell'ospedale presuma che noi non abbiamo a cuore l'interesse di nostra figlia. Hannah ne ha già passate tante, visto che in passato ha sofferto di leucemia e il suo cuore è stato indebolito dalle cure che ha dovuto affrontare dall'età di cinque anni».

L'ODISSEA DI HANNAH - La ragazzina ha passato gran parte degli ultimi otto anni in ospedale, dove l'hanno curata per leucemia e cardiomiopatia. Il suo cuore è in grado di pompare sangue solo a un decimo delle proprie capacità e la ragazzina ha già subito tre interventi di applicazione di pacemaker. Secondo i medici, senza il trapianto le restano sei mesi di vita. «Hannah deve essere stata molto convincente, perché dopo aver consultato i legali, le autorità hanno fatto sapere che non avrebbero intrapreso alcuna azione giudiziaria», ha detto al Daily Mirror il padre della ragazza. «Lei sa che può cambiare idea in qualunque momento e mettersi in lista d'attesa per un trapianto». La madre della ragazzina, ex infermiera di terapia intensiva, è del parere che il trapianto non sarebbe risolutivo e che in capo a 5 anni la figlia avrebbe probabilmente bisogno di un altro cuore. «Ha subito parecchi traumi e sono contenta della decisione che ha preso. Credo che per lei sia giousto». Nella lettera che ha scritto alla famiglia, il Primary Care Trust dello Herefordshire afferma che una azione giudiziaria è parsa inopportuna: «Hannah sembra aver capito la gravità della sua situazione. È sembrata consapevole del fatto che sarebbe potuta morire», si legge nella missiva.

 

Fonte: www.skynews.it  

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E poi

E poi fu la notte e il giorno e l'aria, il sole, la vita
Genesi oscura di un seme, fermento di forza infinita
E il passero spiega le ali appena scaldate dal sole
Si innalza a guardare lontano e aquila fu la sua prole
Costretto a vincere il tempo e le fiere
Per sopravvivere osasti l'ignoto
Creasti il mito e le dolci chimere per rendere tutti i giorni di vuoto
Il mito creato da te contro i forti per dare agli oppressi il riparo dai torti
Scopristi le terre ignorate per dare più spazio ai fratelli
Scalasti le vette dell'arte
Volasti assieme agli uccelli
Salisti più in alto nel cielo cercando altri mondi lontani
Rompesti sempre quel velo violando gli spazi più arcani
Fu uomo chi diede la vita al progresso
Fu uomo chi vinse con piccola forza
Fu uomo chi seppe combatter se stesso
Fu uomo chi ruppe la ruvida scorza che copre l'amore, che cambia gli istinti
Spezzando gli spazi dai loro dipinti
E l'uomo creò un altro uomo generando da sempre se stesso
Regalando ai suoi figli quel dono che divenne man mano il progresso
E mettesti la macchina in moto, non sapendo che cosa facevi
Come il mago che sfida l'ignoto, innocente perché non sapevi



Questo è un testo di Pierangelo Bertoli, non sembra sia stato scritto solo ieri?

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