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Dario di Eluana tratto dal Corriere della Sera

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Dall’incidente alla morte, addio lungo 17 anni
18 gennaio 1992
L'incidente
L'ultimo giorno della sua vita cosciente Eluana lo trascorre con l'amica del cuore, Laura Portaluppi. È il 17 gennaio 1992. Si conoscono da bambine, studiano lingue all'Università Cattolica di Milano, si vogliono bene. Passano il pomeriggio in palestra, camminano in centro, alle 21 di nuovo a casa. Le solite chiacchiere, ragazzi, vacanze, uscite di gruppo. Poi si lasciano con una promessa: «Ci svegliamo presto e ci vediamo domani per studiare insieme». Eluana annuisce e sorride, poi la bacia: «Saremo amiche per sempre?». «Sì Elu, per sempre. Sei tu la mia streghetta». La fissa di Eluana: che ogni cosa duri per sempre. Vuole essere rassicurata, lo chiede di continuo a Laura, lo chiede ai suoi genitori. Si abbracciano in piazza. Poi ognuno per la sua strada. Ma una volta a casa, Eluana cambia idea. È già in pigiama quando gli amici la chiamano per farsi raggiungere in un locale a Garlate, a pochi chilometri da Lecco. Una serata improvvisata. Eluana si riveste, prende l'auto. Non avverte Laura e neppure i genitori che sono in vacanza in Trentino Alto Adige per una settimana bianca. Papà Beppino è partito con l'utilitaria di Eluana, lasciandole la vettura più grande, una Bmw. Alle tre di notte Eluana è di nuovo sulla provinciale che collega Calco a Lecco, scortata da un amico, Andrea. È buio, si gela. L'auto slitta su una lastra di ghiaccio. Pochi secondi di terrore prima di finire contro un palo. Per Eluana è la fine. O meglio l'inizio di un'esistenza mai immaginata. I soccorsi arrivano quando il suo corpo è ormai immobile, lo sguardo fisso, senza riscontro i riflessi. Qui comincia il suo calvario. È l'alba del 18 gennaio 1992.

19 gennaio-18 febbraio 1992
La diagnosi
Eluana viene portata all'ospedale di Lecco. È ferita alla testa, il volto coperto di sangue. Papà Beppino e mamma Saturna hanno in programma di restare in Trentino ancora un giorno prima di spostarsi a Paluzza, pochi chilometri da Udine. È il paese di Beppino, nell'amata Carnia, dove, nonostante se ne sia andato per lavorare all'estero, ha sempre voluto tornare almeno due o tre volte all'anno. Così anche il 18 gennaio: il padre di Eluana si sveglia, fa colazione, pensa a come organizzare la giornata prima della cena in famiglia. Ma una telefonata gli cambia la vita: sono le 9.30, dall'altra parte della cornetta c'è suo fratello Armando che gli dice di chiamare l'ospedale di Lecco. Il presentimento è già realtà. Beppino e Saturna corrono a Lecco. Sanno, ma non parlano. Che Eluana è in fin di vita, che il suo cervello è danneggiato, che quelle sono le sue ultime ore. «Frattura dell'osso frontale e una frattura-lussazione della seconda vertebra cervicale; emorragia nell'emisfero cerebrale sinistro e lesioni in diverse parti del cervello». Papà Beppino ancora non è pratico di cerebrolesioni, ma una cosa è chiara davanti a quel letto del reparto di Rianimazione: Eluana non sarà mai più come prima. A Lecco Laura Portaluppi ancora non sa. Sveglia alle 8, apre i libri, aspetta Eluana e le sue brioches per fare colazione. Ma lei non arriva. Va a casa Englaro, un vicino le dice di andare in ospedale. Ci va, anche se ha tanta paura. Fuori dalla rianimazione ci sono già gli amici con i quali Elu ha trascorso la sera precedente. Si abbracciano, le lacrime sembrano non fermarsi mai. Dolore e angoscia. Ancor più nei giorni successivi. Nel quinto dopo l'incidente, i genitori di Eluana vengono informati che le verrà praticata una tracheotomia. Beppino si oppone, gli rispondono che non c'è bisogno del consenso informato. E così i medici le fanno un foro nella trachea. Dopo un mese Elu esce dal coma. Riapre gli occhi e null'altro: dorme, si sveglia, respira da sola, viene nutrita con un sondino.

1992-1994
Le coccole di mamma
Inizia così la storia di Eluana. Niente più feste, amici, vacanze al mare e in montagna, vestiti alla moda, programmi per il futuro. Dal quel 18 gennaio solo stanze d'ospedale, protocolli riabilitativi, test sanitari per approfondire le sue condizioni. Due anni di attesa per i genitori. Mamma Saturna va sempre a trovarla. I medici dicono che Eluana va stimolata, che bisogna parlarle. E lei lo fa, quasi tutti i giorni, anche quando per un po' la figlia viene ricoverata in una struttura di Sondrio. Ma la distanza non conta. Lei arriva e la vizia. Con pigiami, felpe e maglioncini. Non le fa mancare nulla, la copre di attenzioni. Anche Laura Portaluppi la segue. Le parla per ore, spera che prima o poi Elu si risvegli. E passano due anni prima di arrivare alla diagnosi definitiva: nel 1994 i medici dichiarano che Eluana Englaro si trova in stato vegetativo. Permanente, persistente, ma non è questione di terminologia. Beppino lo sa bene, anzi lo ha sempre saputo da quando l'ha vista in quel letto in Rianimazione: sua figlia non può più tornare indietro. Il suo «purosangue della libertà», la bambina che già a dieci anni aveva risposto ai genitori «ma che cosa c'entrate voi con la mia vita», sarà purtroppo soltanto un ricordo.

Gennaio 1994
Il trasferimento a Lecco
Nel 1994 Eluana viene trasferita nella casa di cura di Lecco gestita dalle suore misericordine. Per mamma Saturnia è una fortuna. Può passare più tempo con la figlia e continuare a coccolarla con i continui regali. Per non parlare delle religiose. In particolare suor Rosangela, la caposala, che tratta Eluana quasi fosse sua figlia. Per lei ha riservato una stanza al secondo piano, a poca distanza dalla sala operatoria dove è nata il 25 novembre del 1970.

1995
La battaglia legale
Ma papà Beppino non si rassegna, in testa ormai ha solo un'idea: rispettare quello che Eluana era e quello che lei avrebbe voluto. Una convinzione che diventa la spinta per la successiva battaglia giudiziaria. «Se non sono stato un buon padre, perché ero sempre lontano per lavoro, almeno adesso voglio essere all'altezza di mia figlia, facendo rispettare le sue volontà». Englaro lascia il lavoro e si dedica alla battaglia legale per «fare le volontà della figlia». La svolta arriva nel 1995, quando durante una trasmissione televisiva, vede per la prima volta Carlo Alberto Defanti, neurologo, che lo mette in contatto con la consulta di Bioetica di Milano. E da qui comincia il lungo percorso che arriva fino al 2009 e fino a Udine. Per Englaro è uno spiraglio che si apre nella solitudine di padre, incompreso dal mondo, perché «vuole provocare la morte di sua figlia». Non lo segue nessuno, anzi. Si sente come «un cagnolino randagio che abbaia alla luna», scriverà poi nel libro che racconta la sua storia, perché nessuno gli dà retta.

Le giornate di Elu
Non c'è una data precisa su questa pagina del diario di Eluana che racconta le sue giornate nella casa di cura di Lecco. Giornate uguali l'una all'altra, per 17 anni. Beppino va a trovare sua figlia, quasi ogni giorno. Soprattutto nel tardo pomeriggio quando è tranquilla, ormai prossima alla fine della sua giornata che comincia presto, alle 5, quando le suore si occupano dell'igiene del suo corpo. Le lavano denti e capelli, la bagnano, la cospargono di talco. Poi c'è la ginnastica, in maglietta e pantaloncini, per mantenere i muscoli tonici. In primavera o d'estate, la passeggiata in giardino. Eluana, nei primi anni, viene messa sulla carrozzina che scivola lungo le bordure fiorite nel cortile interno, lontano da occhi indiscreti. Poi viene riportata in camera e comincia la nutrizione. La sacca appesa alla destra del letto, un tubicino trasparente che le entra nel naso. Qui scorrono i nutrienti: 12 ore per alimentarsi, altrettante per idratarsi. Ogni giorno uguale all'altro. Senza sapere che suo padre ha cominciato a girare per avvocati e tribunali, con una richiesta che nessuno capisce. Mentre sua madre viene a trovarla, seppure senza speranze. Perché Beppino e Saturna sono d'accordo: Eluana così non avrebbe voluto vivere. Mamma Saturna lotta, poi esce di scena. Una grave malattia la costringe a entrare e uscire dagli ospedali. E si fa vedere fuori di casa solo se necessario.

1999
La prima sentenza
Nel 1996 Beppino Englaro viene nominato tutore della figlia. Ora ha anche la «patente» legale per far rispettare le sue volontà. Dal 1999 inizia la sequela di decreti e ricorsi, quasi un viavai tra il tribunale di Lecco e la corte d'Appello di Milano. La prima istanza per l'interruzione della nutrizione artificiale risale al 19 gennaio 1999. Il primo marzo viene dichiarata inammissibile. Pochi giorni dopo, il 14 marzo, Englaro ricorre in appello, ma i giudici rigettano il reclamo. Ci riprova nel 2002 a Lecco: il ricorso arriva fino alla Cassazione, senza successo. Nel 2005, con il nuovo avvocato Vittorio Angiolini, si rivolge ancora alla Suprema Corte, che risponde con un'ordinanza in cui ritiene necessaria la presenza di un curatore speciale. Così il 21 novembre 2005 viene nominata Franca Alessio, avvocato lecchese, ora nel ruolo di curatrice di Eluana. Un anno dopo, un altro tentativo viene fatto davanti al Tribunale di Lecco, che dichiara inammissibile la richiesta costringendo papà Beppino a tornare davanti alla Corte d'Appello milanese. Questa volta i magistrati reputano ammissibile il ricorso, ma non suscettibile di accoglimento. E si arriva all'anno decisivo: tutore e curatore ricorrono insieme in Cassazione ottenendo finalmente la sentenza che spianerà loro la strada per ottenere, nel luglio dell'anno dopo, l'autorizzazione al distacco del sondino.

9 luglio 2008
Il sì dei giudici
Gli anni passano. Eluana sempre dalle suore, suo padre su stampa e tv. Il suo caso colpisce la gente, affascina i giuristi, fa indignare il mondo cattolico e non. Dopo quasi dieci anni di iter giudiziario, il 9 luglio 2008 la Corte d'Appello di Milano riesamina la questione e autorizza la sospensione dell'alimentazione. Si può staccare il sondino perché sono state verificate le condizioni poste dalla Cassazione: lo stato vegetativo è irreversibile e ci sono le prove che in questo senso si muoveva la volontà di Eluana. Per Englaro è la vittoria più grande: «Ha vinto lo stato di diritto», ripete. «Ora Eluana può essere liberata», aggiunge.

12 ottobre 2008
L'emorragia
Ma il calvario di Beppino e di sua figlia non è finito. Englaro è costretto a vagare per hospice e ospedali alla ricerca di una struttura dove applicare la sentenza. Intanto la Lombardia gli vieta di farlo in regione, la Toscana si tira indietro, la procura generale di Milano impugna il decreto davanti alla Cassazione. L'ultimo passaggio legale: l'udienza è fissata per l'11 novembre davanti alle sezioni riunite. Ma il 12 ottobre Eluana sta male. Un'emorragia potrebbe portarsela via in poche ore. C'è attesa e forse anche speranza, che la tragedia si compia per risparmiarle una fine «forzata». Papà Beppino corre al capezzale, le suore pregano intorno. Se Eluana muore, dicono, sarebbe meglio per tutti. Il volto bianco, adagiato sul lato destro, le labbra che si muovono mentre il sondino continua a pompare e una flebo le attraversa il braccio. Eluana sta morendo. Ma a fine giornata l'emorragia si ferma, i valori sembrano in ripresa. Dopo quattro giorni è fuori pericolo. Ancora una volta il suo destino è appeso a una sentenza.

13 novembre 2008
Lo stop del ministro
Il 13 novembre la Cassazione risponde: Englaro può andare avanti. In Friuli c'è già una clinica che aspetta Eluana, due stanze che potrebbero accoglierla per il suo ultimo viaggio. Ma il ministero non ci sta. E mentre le suore sono già rassegnate, la valigia pronta con le felpe e le tutine comperate da mamma Saturna, e un'ambulanza è già partita per venirla a prendere, arriva uno stop da Roma: è il ministro Sacconi che si pronuncia con una direttiva sul divieto di non interrompere alimentazione e idratazione ai disabili. Come Eluana. E ricomincia l'attesa. Perché la struttura «Città di Udine» vuole riflettere sull'atto ministeriale. Per Beppino è un nuovo incubo. Per le suore quasi un miracolo. Eluana, invece, rimane inconsapevole nel suo eterno silenzio. Poi da Udine salta fuori una nuova soluzione: la casa di riposo «La Quiete» si dice disponibile ad accoglierla. La valigia è fatta. Questa volta non si torna indietro.

3 febbraio 2009
L'ultimo viaggio
Il 3 febbraio la barella con sopra Eluana viene sistemata su un'ambulanza dove sale anche il rianimatore Amato De Monte. Una corsa nella notte, quattro ore di viaggio. E una tosse forte, e catarro, tanto. Le suore si raccomandano di curarla. Ma a che serve. Alle 5.55 Eluana è a Udine. L'aspettano una stanza a piano terra, un letto in legno chiaro e le pareti azzurrine. Fuori le proteste di chi la vuole viva, e gli applausi di chi solidarizza con il padre. Tossisce ancora per tre giorni. Da venerdì smette di essere alimentata e idratata. I medici cominciano anche a sedarla.

9 febbraio 2009
La morte
Alle 20.10 Eluana muore. Suo padre l'ha vista l'ultima volta martedì.

Grazia Maria Mottola

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